Ad oggi son poche le cose in cui lo scibile umano non abbia fatto chiarezza, un alonedi mistero, però, ancora aleggia sul sonno e sui meccanismi di riposo del nostro cervello, vuoi per l’affinità al mondo della notte, del buio o, più probabilmente, per l’innata paura di perdere il controllo della propria coscienza.

La ricerca sui meccanismi del sonno è iniziata solo nel XX secolo, quando l’epidemia di encefalite letargica, complicanza della famigerata spagnola, ha reso evidente come il magico ritmo sonno-veglia, drammaticamente compromesso in questa malattia, fosse legato a precise strutture del nostro cervello.

La nascita dell’elettroencefalogramma (EEG), che consente di registrare l’attività elettrica del cervello, ha permesso, nel periodo tra le due guerre mondiali, di studiare i fenomeni che avvengono durante il sonno, cominciando così a far chiarezza su quell’oscuro periodo di incoscienza. Ecco nascere allora i Centri de Sonno, strutture in cui, ancor oggi, si esegue l’esame “polisonnografico”: al paziente, vengono registrati durante il sonno, l’EEG, il tono muscolare, gli spostamenti ed i movimenti dei bulbi oculari (REM), mentre tutto il resto del corpo è soggetto ad una paralisi flaccida per impedire di agire come invece l’improvvisa attività della corteccia cerebrale detterebbe ai nostri muscoli.

Negli ultimi anni il sonno è stato meglio analizzato, ma per lo più, sulla spinta dell’industria farmaceutica, ingolosita dal mercato dei farmaci induttori di sonno (si vendono più dell’Aspirina), piuttosto che ad un’analisi mirata ai meccanismi fisiologici d’insieme.

Il sonno, nello svolgersi della notte, non è un fenomeno sempre uguale, ma si suddivide in fasi che costituiscono cicli che si ripetono con regolarità. L’insieme di questi cicli si chiama ipnogramma. Quando si chiudono gli occhi per dormire, il mancato afflusso energetico/sensoriale delle vie visive, determina una diminuzione dell’attività elettrica cerebrale e la comparsa di onde cicliche denominate alfa, che si diffondono dalla parte posteriore a tutto il cervello. Questo è il “dormiveglia”, dove immagini spontanee si sovrappongono al nostro pensiero volontario e cosciente (Fase 1).

La comparsa dei fusi e dei complessi K (immagini elettriche) segna il passaggio al sonno vero e proprio con la scomparsa della coscienza ed il rilassamento del tono muscolare(Fase 2). Compare in questa fase il fenomeno del russare “sindrome delle apnee notturne” dovute al passaggio dell’aria attraverso i muscoli rilasciati dalle prime vie respiratorie. Il mancato passaggio dell’aria provoca, come reazione alla mancanza di ossigeno e di accumulo dell’anidride carbonica nel sangue, un rapido risveglio al fine di ripristinare una normale respirazione. Questo sonno continuamente interrotto è ovviamente motivo di cattivo riposo.

Il passaggio alla Fasi 3 e 4, denominate del sonno profondo, accompagnate da un rilassamento muscolare ancora più importante, è caratterizzato dal progressivo comparire ed estendersi, nell’EEG, delle onde delta, sincrone e di grande ampiezza, caratteristiche di questo sonno particolarmente ristoratore. Durante questo periodo avviene la liberazione, da parte dell’ipofisi, di importanti ormoni, tra cui quelli della crescita, essenziale specialmente durante la giovane età. Al termine di questa fase il sonno risale progressivamente nelle fasi più superficiali, fino alla fase REM, dove il tracciato elettrico si rivela simile a quello dello stato di veglia, si ha qui l’insorgere del sogno, terminato il quale si ricomincia con la fase delta, quella del sonno più profondo. Nelle prime ore di sonno prevalgono le fasi 3 e 4, quelle del sonno profondo, mentre le fasi REM, quelle dove si sogna, sono brevi; l’inverso avviene nel proseguio della notte, con un progressivo allungarsi delle fasi REM e la scomparsa del sonno delta, preludio questo del risveglio mattutino.Un ciclo completo dura tra i 90 ed i 110 minuti, di cui10 o 20 minuti dedicati al sogno. All’interno di una notte si svolgono quindi dai 4 ai 6 cicli completi. In una notte normale il sonno si suddivide in: sonno REM 25%, sonno NO REM 75%, all’interno di quest’ultimo si ha il 5% di Fase 1, il 50% di Fase 2, un 25% di Fase 3 ed un 20% di Fase 4.

La fase REM è indispensabile, infatti svegliando ripetutamente i soggetti nel momento in cui iniziano a sognare, si provoca un anticipo progressivo della comparsa della fase REM. In presenza di una carenza di sonno importante, la fase REM si presenta quasi appena chiusi gli occhi. Anche i normali cambiamenti di posizione, ad esempio, necessitando di un tono muscolare adeguato, possono avvenire anche nel sonno superficiale, per cui un sonno eccessivamente agitato è indice di un sonno scarsamente riposante. Questo fenomeno avviene spesso quando la compressione dei tessuti, frequente con l’uso di materassi rigidi, provoca il blocco della circolazione sanguigna nei punti di maggior carico: il tessuto privo di ossigenazione, grazie ad appositi recettori e speciali circuiti neuronali, inviail messaggio della sua sofferenza al cervello che, a sua volta, ordina ai muscoli il cambio della posizione. I cambi di posizione ritenuti normali durante una notte, variano tra gli 8 ed i 12 ed avvengono nel periodo del sonno superficiale, generalmente prima o dopo una fase REM. Un numero di movimenti maggiori è indice di eccessiva superficializzazione del sonno, finalizzata, come visto, all’attivazione muscolare ed inserita, quindi, al di fuori dei normali cicli. Queste situazioni spesso provocano dei risvegli veri e propri: il numero di risvegli all’interno di una notte è uno dei parametri più importante per la valutazione della qualità del sonno nell’esame polisonnografico effettuato nei centri del sonno. Abbiamo visto come l’EEG ci segnali un sonno tanto più riposante quanto più prevalgano le onde cicliche: se, ad esempio, durante il sonno avvengono dei rumori, questo determina l’attivazione di onde elettriche disordinate, segnale del disturbo senza che si attivi il meccanismo del risveglio. La percentuale del sonno instabile rispetto al totale del sonno no-REM è chiamato CAP rate ed è un indice raffinato di qualità del riposo. Quanto più il CAP rate è basso, tanto meglio si dorme. Questo indice varia anche con l’età: dal 40% dell’adolescenza e scende al 30% dell’età adulta, per risalire costantemente durante la vecchiaia. Abbiamo visto come un sonno non efficiente, determini uno strascico nella giornata successiva, in termini di stanchezza, affaticabilità, difficoltà di concentrazione e depressione. Recenti ricerche sulla popolazione italiana hanno determinato che circa i due terzi degli italianiadulti hanno problemi di sonno e, di questi, ben il 44% problemi così rilevanti da riflettersi sull’attività del giorno successivo. E ciò che più è grave, di questi due terzi, solo il 16% cosciente del suo problema e cerca di curarlo. A fronte di un problema di tale entità la risposta della scienza è sicuramente, a tutt’oggi inadeguata. Tutti gli investimenti sono infatti dedicati alla ricerca della magica pillola dell’oblio. In campo medico, invece, è nota da tempo l’importanza essenziale dei supporti su cui si riposa: chi è costretto a letto per lunghi periodi, specie se incapace di spostamenti spontanei, va incontro ad una malattia tipica: le piaghe da decubito. Questa situazione patologica è determinata dalla compressione dei tessuti nei punti d’appoggio, tanto maggiore quanto più è rigido il supporto: si risolve, infatti, con materassi adeguati. Ebbene, a fronte di questa dimostrazione di quanto sia importante la forza elastica del materasso per garantire una buona circolazione, per anni, senza un’adeguata ricerca scientifica a supporto, si è definito il materasso rigido come il toccasana per il dormire. Tutto questo con il totale, complicesilenzio della scienza.

Ora, per fortuna, non è più così: i moderni concetti di ergonomia impongono il rispetto delle curve fisiologiche della nostra colonna vertebrale e non il loro raddrizzamento. Dopo aver analizzato come è costituito il sonno, sono importanti alcuni concetti chiave sull’igiene del dormire. Infatti, per un buon sonno, la stabilità della temperatura intorno al nostro corpo, cioè il microclima creato dall’alone dei nostri 37 gradi nei pochi centimetri che ci circondano quando coperti da una buona coperta di lana: 30 gradi. Per dormire scoperti è indispensabile che la temperatura dell’ambiente sia analoga (30-32 gradi). Il materasso di lana era il giusto complemento per mantenere il calore corporeo ed evitare la dispersione verso il pavimento, stessa funzione per le gambe del letto che, nel sollevarlo da terra, rendevano anche difficile l’ascesa dei parassiti.

Ora nelle nostre abitazioni linde e per lo più troppo riscaldate, queste funzioni hanno perso importanza, mettendo in primo piano l’interesse per i materiali e le metodiche di fabbricazione che permettano al nostro di mantenere posture ergonomiche ed una circolazione tessutale corretta.

Un discorso a parte meritano gli acari, piccoli insetti ubiquitariche vivono nel materasso cibandosi della nostra pelle desquamata. Perfettamente adattati a vivere nelle nostre case, sono ritenuti indistruttibili: eliminati con opportuni trattamenti, si ripresentano automaticamente in breve tempo. Gli acari amano il caldo e l’umidità, giocoforza hanno come habitat ideale il sistema-letto, ricordando che un individuo traspira circa un terzo di litro di acqua e sali ogni notte. Il problema, al di là degli aspetti igienici, non sorge negli individui normali, ma diventa drammatico nelle persone che si allergizzano nei confronti delle proteine che costituiscono questi insetti. Il momento del sonno è luogo di reazioni allergiche, dal prurito all’asma, che, tra l’altro, ne disturbano la qualità, unica soluzione in questi casi è chiudere il materasso in un involucro che impedisca il passaggio degli acari o di loro parti; questi tessuti, peraltro, per la mancanza di porosità rendono difficile l’eliminazione dell’umidità prodotta dal nostro corpo. Nel concludere questa sintetica carrellata sul sonno, desidero mettere in chiaro che, in questo campo, molto vi è di soggettivo, cioè specifico di ogni individuo. Molte persone, tra cui alcuni grandi della storia, dormono abitualmente poche ore senza risentirne assolutamente, mentre, al contrario, l’eccesso di sonno, è spesso sintomo di forme depressive. Lo stesso per l’orario di addormentamento: alcune persone, denominate simpaticamente dagli anglosassoni “allodole”, sono iperattive nelle prime ora del mattino, per cercare un giusto riposo al tramonto, proprio quando i “gufi”, impacciati al mattino, mostrano tutta la loro energia. Prendiamo quindi atto di come il sonno sia un bisogno irrinunciabile cui tendiamo immancabilmente dopo un periodo di veglia e cerchiamo, al pari degli altri bisogni naturali, di vestirlo di quell’alone di conoscenza per renderlo ottimale. Questo fenomeno è avvenuto, ad esempio, per l’alimentazione e la cura del proprio aspetto, sotto l’irresistibile spintaal benessere tipica della nostra epoca.

La prossima frontieraè il mondo del riposo, di cui il sonno è la massima espressione.

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